Dopo 24 anni di esperienza nel settore, posso affermare di aver sentito praticamente tutte le stregonerie riguardanti il nostro campo, e una delle più intramontabili è sicuramente quella dell’osteopata che, in una sola seduta, riposiziona il bacino, il cranio o addirittura il fegato in disfunzione e saluta il paziente con un rassicurante: “Ci rivediamo tra un mese, per me è tutto apposto!!!”.
Spesso il paziente effettivamente sperimenta un miglioramento dei sintomi e attribuisce questa risoluzione del dolore al riposizionamento dell’osso fuori posto, dando all’osteopata meriti che forse non ha.
Ma perché il paziente sta meglio?
La verità è che la maggior parte dei dolori muscolo-scheletrici sono definiti aspecifici, il che significa che non siamo in grado di identificare con precisione quale struttura anatomica sia coinvolta. Inoltre, molti di questi dolori tendono ad avere un’evoluzione benigna nel tempo, senza che sia necessario intervenire.
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Il fattore temporale e l’effetto placebo
Statisticamente, il paziente tende a rivolgersi a un professionista proprio quando si trova nel momento peggiore della sua condizione. È importante sottolineare che un mal di schiena aspecifico, ad esempio, guarisce da solo entro 4 settimane. Di conseguenza, qualsiasi trattamento o manovra effettuati durante la fase di maggior dolore potrebbero erroneamente essere attribuiti all’efficacia del trattamento in sé.
Durante la seconda seduta, che di solito avviene a distanza di un mese, è molto probabile che il paziente stia già sperimentando un miglioramento naturale dei sintomi. Inevitabilmente, attribuirà tutto il merito di questa evoluzione positiva all’osteopata. È un classico esempio di associazione causale errata.

Decorso naturale del dolore, qualsiasi intervento…il risultato non cambia
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L’importanza della consapevolezza
È fondamentale che i pazienti siano consapevoli di queste dinamiche e comprendano che i risultati positivi ottenuti potrebbero non essere necessariamente legati all’osteopatia in sé, ma piuttosto a una combinazione di fattori, tra cui il naturale processo di evoluzione del dolore e l’effetto placebo.
Conclusioni:
Nonostante anch’io sia un osteopata, negli anni ho dovuto riconsiderare alcuni insegnamenti ricevuti durante gli anni da studente alla luce dell’evidenza scientifica. È fondamentale mantenere un approccio critico e razionale nei confronti di questa tematica. Come molti altri settori, anche il nostro è soggetto a credenze e miti che possono distorcere la percezione della realtà. Riconoscere l’importanza del fattore temporale e comprendere l’effetto placebo può aiutare i pazienti a prendere decisioni informate riguardo ai trattamenti e a gestire le proprie aspettative in termini di risultati.
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Ho causalmente trovato questo articolo e quando leggo non lineare mi soffermo.sempre. sono pienamente d’accordo ma vorrei portare alla tua attenzione e considerazione che se un sistema, in quanto dinamico, tende spontaneamente a ritrovare la sua omeostasi, può per lo stesso motivo prendere una direzione di non recupero. Per esempio quale spiegazione daresti alle condizioni di miglioramento anche dopo diverse settimane di cure farmacologiche e fisioterapiche prima dell’intervento osteopatico? (Ovviamente non sto parlando di riequilibrare il bacino e basta).
Io un’idea ce l’avrei e si chiama recupero allostatico e ripristino dei cicli di compensazione e adattamento. Ciao e grazie in anticipo se avrai modo di leggere e rispondere.
Ciao Daniele, sono d’accordo con te con la prima affermazione…sul fatto che il corpo può prendere una direzione di non recupero. La spiegazione alle condizioni di miglioramento dopo diverse settimane di farmaci e fisioterapia sono le stesse di 1 seduta al mese di osteopatia, le persone stanno meglio anche con la tecar (nessuna evidenza scientifica).
Grazie per il tuo contributo.